Il Mercoledì di ACP
Perchè preferiamo l'Heineken alla Raffo
Che cosa fareste se tutto a un tratto scopriste che la tanto amata Birra Raffo, che viene comunemente denominata la birra dei Tarantini, in realtà è un marchio del gruppo Peroni controllato a sua volta dal colosso multinazionale sudafricano SABMiller plc?
Probabilmente continuereste a berla comunque, perché le tradizioni sono radicate all’interno di noi cittadini jonici, ma inizierete a sentirvi forse un po meno tarantini mentre lo fate.
La Raffo nasce nel 1919 da Vitantonio Raffo in una piccola fabbrica al centro di Taranto. Il sapore, l’attaccamento dei Tarantini alla propria terra e l’accessibilità del prodotto contribuiscono a stabilire il monopolio nella terra dei due mari. Nel 1961 viene acquisita da Peroni che, dopo essere diventata leader del mercato italiano birraio, nel 1987 chiude l’amata fabbrica tarantina della Raffo per spostarne l’intera produzione nella sede Peroni di Bari.
E nel frattempo il tarantino che fa? Gli importa che questo processo di accentramento del potere stia togliendo posti di lavoro alla sua terra? Gli interessa che un’azienda lombarda abbia acquistato e poi chiuso una sua fabbrica, e abbia accresciuto la forza lavoro nel barese?
Assolutamente no, il tutto gli scivola addosso, continua a berne sempre di più e, ubriaco di questo orgoglio per la “sua” birra, non si rende neanche conto che mentre la Peroni investe fior di soldi per far diventare la Nastro Azzurro la birra degli italiani nel mondo, sulla birra Raffo non investe neanche un soldo bucato mantenendo limitato il mercato al territorio pugliese e a qualche realtà lucana e campana.
In questo modo non si crea neanche un effetto amplificatore della visibilità della città di Taranto entro i confini nazionali poiché l’etichetta raffigurante i due mari circola quasi solo nella sua terra.
Se si vanno ad analizzare i dati sulla produzione delle birre del gruppo Peroni, si scoprirà che ogni anno vengono prodotti circa 160.000 hl (ettolitri) di birra Raffo contro i 600.000 hl ad esempio di Nastro Azzurro; se si pensa a quanto poco sia diffusa sul territorio nazionale, si potrà comprendere di quanto grato dovrebbe essere il gruppo Peroni alla cittadinanza tarantina.
Questo dato mette in evidenza come la Peroni, facendo gioco forza sul fatto che ogni tarantino senta sua la birra Raffo, senza campagne pubblicitarie imponenti ma puntando su una birra che ormai di tarantino ha davvero poco, si garantisce una buona fetta di mercato e quindi di produzione.
A noi ragazzi di Ammazza che Piazza non sembra che la Peroni dia lavoro a molta gente nel capoluogo jonico, che investa soldi in questa terra per la realizzazione di luoghi o progetti significativi, ma anzi notiamo come nel corso della stagione 2011/2012 la birra Raffo non si sia neanche interessata delle sorti della squadra di calcio, di cui è stata partner in tempi più gloriosi della nostra città, in un anno difficile dal punto di vista finanziario e che ha poi portato al fallimento. È vero che ogni anno viene organizzato il Raffo Fest, ma più che qualcosa di concreto, per una città che di problemi ne ha a bizzeffe, questa manifestazione sembra essere un contentino alla cittadinanza che viene quasi del tutto finanziato attraverso la vendita di fiumi di birra, distribuiti ad un prezzo tutt’altro che popolare durante l’evento.
È per questo che abbiamo deciso di non vendere quest’oggi la birra Raffo perché tutto quello che vedete intorno lo abbiamo fatto con le nostre mani, con i nostri sforzi e autofinanziandoci, quindi sorseggiando una birra potreste pensare che la pineta Totò de Curtis è molto più made in Taranto della Raffo… ALLA SALUTE!
Probabilmente continuereste a berla comunque, perché le tradizioni sono radicate all’interno di noi cittadini jonici, ma inizierete a sentirvi forse un po meno tarantini mentre lo fate.
La Raffo nasce nel 1919 da Vitantonio Raffo in una piccola fabbrica al centro di Taranto. Il sapore, l’attaccamento dei Tarantini alla propria terra e l’accessibilità del prodotto contribuiscono a stabilire il monopolio nella terra dei due mari. Nel 1961 viene acquisita da Peroni che, dopo essere diventata leader del mercato italiano birraio, nel 1987 chiude l’amata fabbrica tarantina della Raffo per spostarne l’intera produzione nella sede Peroni di Bari.
E nel frattempo il tarantino che fa? Gli importa che questo processo di accentramento del potere stia togliendo posti di lavoro alla sua terra? Gli interessa che un’azienda lombarda abbia acquistato e poi chiuso una sua fabbrica, e abbia accresciuto la forza lavoro nel barese?
Assolutamente no, il tutto gli scivola addosso, continua a berne sempre di più e, ubriaco di questo orgoglio per la “sua” birra, non si rende neanche conto che mentre la Peroni investe fior di soldi per far diventare la Nastro Azzurro la birra degli italiani nel mondo, sulla birra Raffo non investe neanche un soldo bucato mantenendo limitato il mercato al territorio pugliese e a qualche realtà lucana e campana.
In questo modo non si crea neanche un effetto amplificatore della visibilità della città di Taranto entro i confini nazionali poiché l’etichetta raffigurante i due mari circola quasi solo nella sua terra.
Se si vanno ad analizzare i dati sulla produzione delle birre del gruppo Peroni, si scoprirà che ogni anno vengono prodotti circa 160.000 hl (ettolitri) di birra Raffo contro i 600.000 hl ad esempio di Nastro Azzurro; se si pensa a quanto poco sia diffusa sul territorio nazionale, si potrà comprendere di quanto grato dovrebbe essere il gruppo Peroni alla cittadinanza tarantina.
Questo dato mette in evidenza come la Peroni, facendo gioco forza sul fatto che ogni tarantino senta sua la birra Raffo, senza campagne pubblicitarie imponenti ma puntando su una birra che ormai di tarantino ha davvero poco, si garantisce una buona fetta di mercato e quindi di produzione.
A noi ragazzi di Ammazza che Piazza non sembra che la Peroni dia lavoro a molta gente nel capoluogo jonico, che investa soldi in questa terra per la realizzazione di luoghi o progetti significativi, ma anzi notiamo come nel corso della stagione 2011/2012 la birra Raffo non si sia neanche interessata delle sorti della squadra di calcio, di cui è stata partner in tempi più gloriosi della nostra città, in un anno difficile dal punto di vista finanziario e che ha poi portato al fallimento. È vero che ogni anno viene organizzato il Raffo Fest, ma più che qualcosa di concreto, per una città che di problemi ne ha a bizzeffe, questa manifestazione sembra essere un contentino alla cittadinanza che viene quasi del tutto finanziato attraverso la vendita di fiumi di birra, distribuiti ad un prezzo tutt’altro che popolare durante l’evento.
È per questo che abbiamo deciso di non vendere quest’oggi la birra Raffo perché tutto quello che vedete intorno lo abbiamo fatto con le nostre mani, con i nostri sforzi e autofinanziandoci, quindi sorseggiando una birra potreste pensare che la pineta Totò de Curtis è molto più made in Taranto della Raffo… ALLA SALUTE!
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